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2. Lo scoppio della rivolta a Palermo il 12 gennaio 1848

La rivolta di Palermo Clicca sull'immagine per ingrandire
Fonte: La rivolta di Palermo, incisione, XIX secolo, Raccolta Bertarelli, Milano.

La concessione delle Costituzioni in Piemonte, Toscana e nello Stato pontificio

L’8 febbraio il re di Sardegna, Carlo Albero di Savoia, annuncia la concessione di uno Statuto costituzionale per il suo regno (pubblicato il 4 marzo seguente e noto con il nome di Statuto Albertino diverrà nel 1861 la Costituzione del Regno d’Italia). L’11 febbraio è il granduca di Toscana, Leopoldo II, a rendere pubblica la sua intenzione di concedere uno Statuto che appena quattro giorni viene firmato. Il 14 febbraio è il Papa Pio IX ad annunciare riforme costituzionali che si traducono in pochi giorni nella concessione di uno Statuto per lo Stato pontificio. Mentre nella penisola italiana la situazione per il momento sembra calmarsi e soddisfare i leader politici più moderati, che organizzano nelle piazze grandi manifestazioni di entusiasmo collettivo, in Europa il “contagio” rivoluzionario dilaga a Parigi, a Vienna, a Budapest, provocando a breve altre insurrezioni e proteste nelle città italiane.

Domande

  1. Quali categorie sociali sono riconoscibili nell’immagine?
  2. La sollevazione può essere definita una “insurrezione popolare”?
  3. L’ambientazione della scena, davanti al sagrato di una chiesa, contrasta con alcuni soggetti rappresentati?
  4. Quali sono le rivendicazioni che fanno scoppiare la rivolta?

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Descrizione e Analisi

La mattina del 9 gennaio 1848 appare sui muri della città di Palermo un manifesto che invita il popolo alla rivolta: “Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò. Inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha sprezzato. E noi popolo nato libero, ridotto tra catene e miseria, tarderemo ancora a conquistare i legittimi diritti?All’armi, figli della Sicilia. [...] La forza dei popoli è onnipossente: l’unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il giorno 12 gennaio 1848, all’alba, segnerà l’epoca gloriosa della universale rigenerazione...” Il re, a cui si fa riferimento nel proclama, è Ferdinando II, soprannominato da un giornalista liberale dell’epoca “Re Bomba”, per la sua propensione ad usare le armi della repressione per sopprimere ogni movimento riformista e ogni richiesta di migliorare le condizioni di vita dei sudditi del Regno delle Due Sicilie. Durante il suo regno si erano susseguite infatti numerosissime sommosse e manifestazioni di protesta; il 12 gennaio 1848, giorno del compleanno del re, si manifesta subito come un episodio diverso: la scintilla che aprirà un nuovo ciclo rivoluzionario. Le ragioni della diversità stanno innanzi tutto nella congiuntura economica negativa degli anni 1846-47, caratterizzata da scarse annate agricole e da una drammatica carestia in tutta la penisola; in secondo luogo nella larga diffusione delle idee mazziniane di matrice repubblicana e infine nelle speranze che larga parte della popolazione italiana aveva attribuito all’elezione del nuovo Pio IX, eletto nel 1846, erroneamente ritenuto un “papa liberale” e aperto alla concessione di riforme costituzionali. L’anonimo autore del proclama, infatti, continua: “..Palermo accoglierà con trasporto quanti Siciliani armati si presenteranno al sostegno della causa comune: a stabilire riforme ed istituzioni analoghe al progresso del secolo, volute dall’Europa, dall’Italia, da Pio.” L’attesa diffusa che sia in atto un grande progetto di sollevazione in tutta Europa si accompagna alla convinzione che la battaglia per ottenere riforme e diritti, insieme a quella per la causa patriottica, sia “benedetta dal cielo”, in nome di una più alta giustizia divina. Le giustificazioni religiose agiscono come “collante sociale” della rivolta che, quando scoppia improvvisa e spontanea, è addirittura capeggiata da un prete, don Ragona, in prima fila a incitare la folla a ribellarsi in nome di Dio. Lo segue un corteo composto di avvocati, ex-militari, artigiani, nobili, accompagnati da una moltitudine di gente senza nome, armati alla meglio di fucili da caccia, forconi, falci, scuri, coltelli: oggetti quotidiani dei loro mestieri. (domande 1-2)

Dopo la prima spontanea rivolta, la moltitudine di cittadini si organizza in un vero e proprio corteo, seguendo le indicazioni di un giovane giornalista democratico, Giuseppe La Masa, che inizia a incitare la folla a procedere verso la chiesa di Sant’Orsola e ordina di far suonare a stormo le campane: da luogo simbolico di conservazione e d’ordine, la chiesa diviene strumento di riscossa del popolo contro gli abusi dei potenti e dell’alto clero. Nel frattempo mani anonime distribuiscono coccarde tricolori da appuntare al petto. Al suono delle campane, come fosse un segnale preannunciato, dalle strade laterali escono altri rivoltosi, la fiumana di gente diviene sempre più numerosa fino a comprendere i contadini scesi dai paesi vicini, armati anche loro degli attrezzi da lavoro, mentre dalle finestre piovono oggetti di tutti i tipi in direzione della truppa borbonica, che intanto si prepara a fronteggiare la folla: poche centinaia di persone contro cinque, seimila soldati regolari. L’insurrezione continua per giorni, con combattimenti strada per strada fino a che il re Ferdinando il 18 gennaio concede una parziale autonomia amministrativa alla Sicilia, che però viene respinta dagli insorti tra i quali comincia ad emergere una componente più moderata, contraria alle pretese democratiche, che costituisce un Comitato provvisorio, il 2 febbraio successivo. Uno degli atti più rilevanti, dal punto di vista simbolico, del Comitato fu l’istituzione del Tricolore (decreto del 28-29 marzo) che rimane bandiera nazionale fino alla riconquista borbonica (15 maggio 1849) . Nel frattempo a Napoli il governo borbonico, con la mediazione inglese, dopo aver liberato alcuni detenuti politici, annuncia la concessione di una Costituzione, che viene pubblicata l’11 dello stesso mese. La carta costituzionale non è accettata dal Governo provvisorio siciliano, nonostante il re abbia promesso l’istituzione di un doppio Parlamento, uno a Napoli e uno a Palermo, che il 13 aprile dichiara addirittura decaduta la dinastia dei Borbone, procedendo all’elaborazione di una costituzione siciliana che è approvata nel luglio del 1848. Solo nel maggio dell’anno successivo l’esercito borbonico riesce a impadronirsi nuovamente dei territori siciliani e di Palermo, dopo aver represso nel sangue i numerosi tentativi insurrezionali che si erano propagati nell’isola. Ciò che rende singolare la rivolta palermitana, caratterizzata da varie e contrastanti componenti ideali, è la sua straordinaria diffusione tra tutta la popolazione, sia urbana che rurale, e fra tutti i ceti sociali, nobili, clero e normali cittadini. Al suo interno si mescolano rivendicazioni sociali, pretese liberali e riformiste, ma soprattutto le aspirazioni autonomistiche, o addirittura separatistiche, che trasversalmente accomunavano da secoli le diverse classi sociali, “signori” e contadini, possidenti e “cafoni”, tutti unitamente orientati contro l’odiato Regno di Napoli. Anche dopo l’unità d’Italia questa componente si manifestò, spesso con violenza, in vari momenti della storia nazionale, dando origine a fenomeni di vera e propria resistenza al governo centrale, accusato di sfruttamento e di inerzia nei confronti della situazione di arretratezza in cui versava l’isola, tanto da alimentare addirittura sentimenti nostalgici filo-borbonici. (domande 3-4)

Altre informazioni

Sul sito http://www.archivi.beniculturali.it/Biblioteca/NotAdS106/26_Alle_03_18.pdf è accessibile un’ampia documentazione sulla rivolta di Palermo.

Sull’origine della bandiera nazionale e sulle diverse forme e fogge utilizzate si può consultare http://www.cisv.it/azzurro/tricolore2.html.

Una recente ricostruzione letteraria sui fatti di Palermo è stata fatta dallo scrittore Andrea Camilleri:La strage degli ergastolani “ammazzati come tonni” – I moti siciliani del 1848 contro la tirannide di re Ferdinando. Una sintesi si può trovare, insieme ad altri link utili per approfondire, in http://www.archivi.beniculturali.it/Biblioteca/NotAdS106/26_Alle_03_18.pdf è accessibile un’ampia documentazione sulla rivolta di Palermo. Sull’origine della bandiera nazionale e sulle diverse forme e fogge utilizzate si può consultare www.cisv.it/azzurro/tricolore2.html-20-k .Una recente ricostruzione letteraria sui fatti di Palermo è stata fatta dallo scrittore Andrea Camilleri:La strage degli ergastolani “ammazzati come tonni” – I moti siciliani del 1848 contro la tirannide di re Ferdinando. Una sintesi si può trovare, insieme ad altri link utili per approfondire, in http://www.corriere.it/cultura/speciali/2010/visioni_d_italia/notizie/09">http://www.corriere.it/cultura/speciali/2010/visioni_d_italia/notizie/09