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5. Ragioniamo sulle parole: immigrare non significa migrare?

Ritengo che si debba distinguere il concetto di “immigrazione” da quello di “migrazione”. Si ha “immigrazione” quando alcuni individui (anche molti, ma in misura statisticamente irrilevante rispetto al ceppo di origine) si trasferiscono da un paese all’altro (come gli italiani o gli irlandesi in America, o i turchi oggi in Germania). I fenomeni di immigrazione possono essere controllati politicamente, limitati, incoraggiati, programmati o accettati. Non accade così con le migrazioni. Violente o pacifiche che siano, sono come i fenomeni naturali: avvengono e nessuno le può controllare. Si ha “migrazione” quando un intero popolo, a poco a poco, si sposta da un territorio all’altro (e non è rilevante quanti rimangano nel territorio originali, ma in che misura i migranti cambino radicalmente la cultura del territorio in cui hanno migrato). Ci sono state grandi migrazioni da est a ovest, nel corso delle quali i popoli del Caucaso hanno mutato cultura ed eredità biologica dei nativi. Ci sono state le migrazioni di popoli cosiddetti “barbarici” che hanno invaso l’impero romano e hanno creato nuovi regni e nuove culture dette appunto “romano-barbariche” o “romano-germaniche”. C’è stata la migrazione europea verso il continente americano, da un lato dalle coste dell’Est via via sino alla California, dall’altro dalle isole caraibiche e dal Messico sino all’estremo del Cono Sur. Anche se è stata in parte politicamente programmata, parlo di migrazione perché non è che i bianchi provenienti dall’Europa abbiano assunto i costumi e la cultura dei nativi, ma hanno fondato una nuova civiltà a cui persino i nativi (quelli sopravvissuti) si sono adattati.

Ci sono state migrazioni interrotte, come quella dei popoli di origine araba sino alla penisola iberica. Ci sono state forme di migrazione programmata e parziale, ma non per questo meno influente, come quella degli europei da est verso sud (da cui la nascita delle nazioni dette “post-coloniali”), dove i migranti hanno pur tuttavia cambiato la cultura delle popolazioni autoctone. Mi pare che non si sia fatta sinora una fenomenologia dei diversi tipi di migrazione, ma certo le migrazioni sono diverse dalle immigrazioni. Si ha solo “immigrazione” quando gli immigrati (ammessi secondo decisioni politiche) accettano in gran parte i costumi del paese in cui immigrano, e si ha “migrazione” quando i migranti (che nessuno può arrestare ai confini) trasformano radicalmente la cultura del territorio in cui migrano.

Noi oggi, dopo un XIX secolo pieno di immigranti, ci troviamo di fronte a fenomeni incerti. Oggi – in un clima di grande mobilità – è molto difficile dire se certi fenomeni sono di immigrazione o di migrazione. C’è certamente un flusso inarrestabile da sud verso nord (gli africani o i medio-orientali verso l’Europa), gli indiani dell’India hanno invaso l’Africa e le isole del Pacifico, i cinesi sono ovunque, i giapponesi sono presenti con le loro organizzazioni industriali ed economiche anche quando non si spostano fisicamente in modo massiccio.

È ormai possibile distinguere immigrazione da migrazione quando il pianeta intero sta diventando il territorio di spostamenti incrociati? Credo sia possibile: come ho detto, le immigrazioni sono controllabili politicamente, le migrazioni no; sono come i fenomeni naturali. Sino a che vi è immigrazione i popoli possono sperare di tenere gli immigrati in un ghetto, affinché non si mescolino con i nativi. Quando c’è migrazione non ci sono più i ghetti, e il meticciato è incontrollabile. I fenomeni che l’Europa cerca ancora di affrontare come casi di immigrazione sono invece casi di migrazione. Il Terzo Mondo sta bussando alle porte dell’Europa, e vi entra anche se l’Europa non è d’accordo. Il problema non è più di decidere (come i politici fanno finta di credere) se si ammetteranno a Parigi studentesse con il chador o quante moschee si debbano erigere a Roma. Il problema è che nel prossimo millennio (e siccome non sono un profeta non so specificare la data) l’Europa sarà un continente multirazziale, o se preferite, “colorato”.

Se vi piace, sarà così; e se non vi piace, sarà così lo stesso.

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Fonte: U. ECO, Migrazioni, tolleranza e intollerabile, in U. ECO, Cinque scritti morali, Bompiani, Milano 1977, pp. 97-99.

Presentazione

Se cerchiamo sul dizionario le definizioni delle parole “migrazione – immigrazione” troviamo questi significati:

  • MIGRAZIONE = notevole spostamento di uomini da una ad altra sede, per lo più come abituale o necessario fenomeno
  • IMIGRAZIONE = insediamento e permanenza con carattere temporaneo o definitivo in un luogo di persone provenienti dall’estero o da altre zone del territorio nazionale in cerca di lavoro

Il testo dello scrittore Umberto Eco, invece, ragiona sulle due parole, distinguendole non solo per il punto di vista da cui si osserva il fenomeno (migrazione se guardato da fuori; immigrazione se guardato da dentro), ma per gli effetti che esso provoca nei territori di arrivo.

Domande

  1. Che differenza c’è, secondo te, fra migrazione e immigrazione?
  2. Le immigrazioni sono controllabili?
  3. I fenomeni migratori degli ultimi decenni stanno modificando significativamente le realtà delle terre di destinazione?
  4. I flussi migratori odierni verso l’Europa sono di immigrazione o di migrazione?

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Descrizione e Analisi

Umberto Eco, professore ordinario di semiologia all'università di Bologna, è uno scrittore italiano di fama internazionale, autore di opere di saggistica e di narrativa. Il volume Cinque scritti morali (1977), da cui è tratto questo testo, è una raccolta di brevi interventi su temi dettati dall'attualità o su argomenti forti del dibattito collettivo.

Eco ricorda l’importanza che hanno le parole per comunicare e per avere significati condivisi. Le parole danno forma a idee, concetti, sentimenti e permettono di scambiare informazioni e punti di vista: approfondendo questo argomento si possono fare collegamenti con la disciplina Italiano sul “sistema della comunicazione”.

Se prendiamo le definizioni standard (queste sono tratte da G. Devoto – G.C. Oli, Vocabolario della lingua italiana, Le Monnier, 2009), troviamo:

  • MIGRAZIONE = notevole spostamento di uomini da una ad altra sede, per lo più come abituale o necessario fenomeno
  • IMIGRAZIONE = insediamento e permanenza con carattere temporaneo o definitivo in un luogo di persone provenienti dall’estero o da altre zone del territorio nazionale in cerca di lavoro

Il vocabolario punta l’attenzione sulla durata, sulla direzione del movimento, sulle motivazioni (cfr. Content 2 ). Invece Eco lavora intorno ai concetti, privilegiando l’analisi delle conseguenze che i flussi migratori continui e consistenti provocano (quando popolazioni numericamente robuste, poco a poco, si spostano) cambiando radicalmente la cultura del territorio di destinazione.

Il suo è un testo argomentativo, cioè un articolo in cui l’autore presenta la propria opinione (tesi) e la sostiene mediante delle prove (argomenti) con lo scopo di persuadere il lettore. La tesi di Eco è che si debbano assolutamente distinguere i due concetti di immigrazione e migrazione sulla base di una serie di motivi.

Il testo di Eco per la tesi che propone, per gli argomenti che utilizza e per l’affermazione che provocatoriamente usa come conclusione si presta a diventare uno strumento di discussione per aprire un dibattito in classe e per eleborare testi scritti di risposta (sempre a carattere argomentativo, o per sostenere la sua idea o per confutarla)

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