Professore | Studente

2. Fattori di espulsione dall’Italia di fine Ottocento: le denunce dell’inchiesta Jacini e le memorie diaristiche

A. “Nelle valli delle Alpi e degli Appennini, ed anche nelle pianure, specialmente dell’Italia meridionale, e perfino in alcune province fra le meglio coltivate dell’Alta Italia, sorgono tuguri ove in un’unica camera affumicata e priva d’aria e di luce vivono insieme uomini, capre, maiali. E tali catapecchie si contano forse a centinaia di migliaia”.


B. “Gli individui di una famiglia di contadini sono valutati in ragione dell’utile che apportano. La morte di quelli che sono impotenti o poco adatti al lavoro o giacciono a letto da qualche tempo è un fatto che ha minore importanza e cagiona molte volte minor dolore della morte non dirò di un grosso animale bovino, ma anche di una semplice pecora. Se si ammala un bovino, la famiglia si butta nella disperazione”.


C. “Anno 1877. Merita singolare menzione quest’anno che quasi tutte le arti vi è una diminuzione notevole dei lavori: nel Lavoratorio in lana del Signor Rossi a Schio tutti i lavoranti lavorano soli tre giorni per settimana; i falegnami dei Lavoratorj più grandi per la metà sono senza lavoro; i muratori per più della metà, ed anche per due terzi, sono a passeggiare la piazza: i carrozzieri anche quelli per metà sono licenziati: e tutto questo ai primi e alla metà di Giugno, che pare incredibile. [...]

La Emigrazione per l’America continua ancora con notabile aumento; in Novembre ancora famiglie intere partono con fanciulli e vecchi [...] anzi va acquistando proporzioni vastissime. Interi paesi ogni altro giorno partono con la Ferrata, vendendo prima case, terreni e mobilie”.

Fonte A: Brano dell’alla relazione finale dell’Inchiesta Jacini, tratto da G.A. STELLA, Odissee. Italiani sulle rotte del sogno e del dolore, Rizzoli, Milano, pp. 24.
Fonte B: L. ALPAGO NOVELLO, L. TREVISI, A. ZAVA, Monografia Agraria dei Distretti di Conegliano, Oderzo e Vittorio in Provincia di Treviso, in "Atti della Giunta per l’Inchiesta agraria e sulle Condizioni della classe Agricola", Vol.V, tomo II, Roma 1882, p. 214.
Fonte C: E. FRANZINA, Merica! Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei contadini veneti e friulani in America Latina. 1876-1902, Cierre, Verona, 1994, p. 32.

Presentazione

I tre brani sono tratti da testi diversi e osservano da tre punti di vista la difficile situazione italiana nei primi anni dopo l’unità.

Il primo è tratto dal rapporto del senatore Stefano Jacini, presidente della Commissione d'inchiesta voluta dal parlamento nel 1877 con l’obiettivo di conoscere la realtà delle campagne e le condizioni di vita della popolazione rurale. Il secondo è tratto dalla relazione di un collaboratore di Jacini, un medico condotto che aveva a lungo operato tra i contadini trevigiani e che conosceva bene quel territorio e le sue debolezze. Il terzo è tratto da un libro di memorie scritto nella seconda metà dell’Ottocento da un popolare vicentino che vive in un ambiente non contadino, ma manifatturiero e industriale, anch’esso in difficoltà.

Domande

  1. Come sono le condizioni delle famiglie contadine?
  2. Le catapecchie si trovano solo al sud Italia?
  3. L’emigrazione colpisce solo gli ambienti rurali o anche quelli industrializzati?
  4. Come facciamo ad avere queste informazioni sulle difficoltà (e quindi sui fattori di espulsione) che spinsero tanti italiani ad emigrare?

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Descrizione e Analisi

Stefano Jacini fu il presidente della commissione che condusse, su richiesta del parlamento a partire dal 1877, l’ Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola in Italia per raccogliere ed elaborare i dati relativi a elementi geografici, produttivi, demografici. Gli atti, in 15 volumi, sono una fondamentale fonte di informazione e forniscono un quadro dettagliato, e per molti aspetti desolante, della situazione delle campagne.

Luigi Alpago Novello fu uno dei collaboratori dell’inchiesta Jacini, per la quale scrisse con altri la Monografia agraria dei distretti di Conegliano, Oderzo e Vittorio in provincia di Treviso. Conosceva bene quella zona perché, da medico condotto, aveva prestato per anni la sua opera tra quei contadini ed era al corrente delle loro abitudini di vita, che qui descrive mostrando come la povertà il bisogno rendevano rassegnati molti agricoltori e come, di fronte alla malattia e alla morte era più forte il dolore nei confronti di un animale utile piuttosto che di un essere umano, spesso visto come peso e come bocca ulteriore da sfamare.

Il vicentino Vincenzo Zanella tenne un diario degli anni 1852-1886 (ancora conservato manoscritto nella Biblioteca di Vicenza); in questo libro di memorie racconta e riflette sulla vita di Schio, un paese ‘industriale’ che viveva all’ombra del Lanificio Rossi, aperto nel 1817 e diventato in breve tempo una delle maggiori industrie tessili della penisola. L’industrializzazione italiana era però recente e fragile, e spesso si trovava in difficoltà nel sostenere la concorrenza di paesi con più robuste tradizioni nel settore. Proprio per questo negli anni ’70 – caratterizzati in tutta Europa da una crisi dell’espansione capitalista e dall’inizio di una lunga fase di depressione – si avviarono politiche protezionistiche per limitare la concorrenza dei prodotti stranieri e proteggere le produzioni nazionali. Zanella scrive queste note nel 1877 quindi in un momento di evidente difficoltà, che sfocerà un anno dopo nell’adozione da parte del Regno d’Italia della sua prima tariffa protettiva. La fonte diaristica, accanto alle difficoltà, annota il nuovo e dilagante fenomeno dell’emigrazione che non coinvolge più solo singoli ma intere famiglie, disposte a vendere tutto ciò che hanno per rincorrere il ‘sogno americano’.

I tre testi evidenziano, a partire da soggetti e da ottiche diversissime, la forza di espulsione esercitata dalle negative condizioni dell’Italia post-unitaria che spingevano prima di tutto molti contadini ad abbandonare la penisola, ma che toccavano anche operai di diversi settori. Gli ultimi due riguardano proprio le realtà settentrionali, che all’inizio furono le più toccate dal fenomeno migratorio: nei decenni successivi all’unità tre sole regioni (Veneto, Friuli, Piemonte) fornirono quasi la metà di tutti gli emigranti; poi il fenomeno divenne invece più imponente nel Sud Italia.

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