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4. Proclama di Carlo Alberto ai veneziani (25 maggio 1848)

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Fonte: Proclama di Carlo Alberto ai veneziani (25 maggio 1848).

L’insurrezione a Milano: “le cinque giornate”

A Milano l’insurrezione scoppia il 18 marzo, con l’appoggio imprevisto anche dei contadini delle zone rurali circostanti, contro le truppe del maresciallo Radetzky. Dopo cinque giorni di scontri durissimi i patrioti, armati in modo sommario e protetti da barricate allestite alla meglio dalla popolazione, riescono a liberare la città, mentre le truppe austriache sono costrette a ritirarsi verso il Veneto. Si forma un Consiglio di guerra alla guida di Carlo Cattaneo, uno dei più lucidi intellettuali del Risorgimento, ed Enrico Cernuschi. I membri più moderati del governo cittadino invitano il re di Sardegna Carlo Alberto ad appoggiare la rivolta.

Domande

  1. A quale “idea” d’Italia si fa riferimento nel proclama?
  2. Quali sono le finalità che spingono Carlo Alberto, re di Sardegna, a compiere l’impresa?
  3. Con quali propositi il re si rivolge ai “popoli della Venezia” ?
  4. Quale ruolo ebbero, durante la I guerra d’Indipendenza, le insurrezioni popolari e le formazioni militari irregolari dei volontari?

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Descrizione e Analisi

Tra febbraio e marzo gli eventi rivoluzionari, inizialmente circoscritti alla penisola italiana, assumono un carattere internazionale. Il 22 febbraio scoppia a Parigi un’insurrezione che costringe alla fuga il re Luigi Filippo e porta alla proclamazione della repubblica. Il 13 marzo scoppiano agitazioni a Vienna, dove la situazione precipita rapidamente fino a che il capo del Governo, Metternich, è costretto alle dimissioni e ad allontanarsi dalla capitale: tre giorni dopo viene annunciata la concessione di una costituzione. Gli eventi di Vienna hanno un’ immediata ripercussione sui territori italiani dell’Impero, già il 17 marzo a Venezia scoppiano disordini che portano a breve alla formazione di un governo provvisorio; il giorno dopo Milano insorge e anche nei territori orientali comincia a serpeggiare sempre di più il malcontento nei confronti del governo austriaco. In questa situazione estremamente critica per il governo di Vienna, Carlo Alberto il 23 marzo decide di intervenire nel Lombardo-Veneto con una dichiarazione di guerra all’Austria: ha inizio quella che verrà denominata, nella codificazione storica ufficiale, la I guerra d’Indipendenza italiana (seguita dieci anni dopo da una II guerra, dall’esito vittorioso che porterà in due anni alla proclamazione del Regno d’Italia). In pochi giorni le truppe piemontesi arrivano a Milano (che si è già “liberata” degli austriaci) dove confluiscono altre truppe, inviate dallo Stato Pontificio, dal Regno di Napoli e dalla Toscana, mentre si formano altre milizie volontarie provenienti da varie città padane per unirsi all’esercito regolare sardo. Il clima sembra quindi di grande speranza e di collaborazione, tanto che lo stesso Mazzini, giunto a Milano il 7 aprile, dichiara la propria adesione al progetto di Carlo Alberto, in nome del raggiungimento dell’indipendenza italiana. L’idea che muove tutte le forze nazional-patriottiche è quella di cooperare per realizzare finalmente quell’unità del popolo italiano che da secoli era accomunato dalla lingua e dalla cultura ma che ancora non aveva trovato una sua forma politica unitaria: fino a questo momento l’Italia esisteva solo nominalmente, il primo passo per costruire uno stato nazionale era quello di liberarla dal dominio “straniero”. Questo è il proposito che sembra animare Carlo Alberto: mettere insieme tutte le forze in campo per cacciare dalla Lombardia e dal Veneto la presenza austriaca. Più incerto appare, invece, il destino futuro del nuovo stato e della sua forma costituzionale poiché gli ideali patriottici che ispirano intellettuali e uomini politici sono divisi tra l’appoggio all’iniziativa della monarchia sabauda e il sospetto, dei repubblicani, che questa fosse in fondo un modo per ampliare i confini territoriali del Regno di Sardegna. (domande 1 -2)

Nel giro di pochissimo tempo queste speranze sono, però, destinate a venir meno per effetto di tre ulteriori sviluppi della situazione. Il primo riguarda l’appoggio militare degli altri regnanti della penisola che viene meno nei giorni successivi a causa dei timori, nutriti soprattutto dal papa, di una rottura dei rapporti diplomatici con Vienna. Il secondo riguarda il desiderio di Carlo Alberto di procedere velocemente all’annessione al Piemonte delle parti liberate della Lombardia, del Veneto e degli ex Ducati dell’Italia centrale; l’operazione viene compiuta attraverso dei plebisciti che a larghissima maggioranza decretano la volontà popolare di annettersi al Piemonte. Le conseguenze di questa decisione affrettata, mentre la guerra è ancora in corso, suscitano le proteste dei repubblicani e dei democratici, e quindi di gran parte dei volontari che partecipano alle operazioni militari. Per questo motivo Carlo Alberto cerca di convincere le forze popolari della sua autentica adesione alla causa nazionale: se gli venisse a mancare l’appoggio dei territori già “liberati” le operazioni militari contro l’Austria ne sarebbero rallentate con gravi conseguenze per l’esito della guerra. Ciò effettivamente accade: dopo gli iniziali successi, ottenuti soprattutto per la strenua resistenza dei volontari, l’andamento delle operazioni militari rallenta fino a che il 22 luglio inizia la controffensiva austriaca, che porta, tre giorni dopo, alla sconfitta piemontese a Custoza, nel Veneto occidentale. Dopo essersi ritirato a Milano, Carlo Alberto decide di non difendere ad oltranza la città e di rientrare nei confini del Regno di Sardegna. Il 9 agosto viene firmato l’armistizio con l’Austria: tutti i territori “liberati” ritornano sotto il dominio asburgico, solo Venezia continua a resistere ad oltranza. (domande 3 – 4)